Zi' Minucchio era padrone di masseria e cercava un giovane per zappare la terra, ma non ne trovava. Allora fece fare il bando nel paese. Nel paese vivevano due fratelli poveri senza padre e senza madre. Michele, uno dei due fratelli, ascoltò il bando e decise di accettare. Buon giorno, padrone zì Minucchio.
Michele era un ragazzo alla buona e acconsentì. Il giorno dopo il giovane prese la zappa e si mise a zappare i solchi a lungo a lungo. A mezzogiorno, ancora sudato e stanco, si recò dal padrone per la ricompensa. Zì Minucchio si mise ad apparecchiare la tavola: la bottiglia di vino, la mezza panetta, il formaggio e l'uovo, tutto come stabilito e si sedette a poca distanza a guardare attentamente. Il giovane tagliava il pane e, una fetta dopo l'altra, la bagnava nell'uovo e la mangiava avidamente. Appena l'ultimo pezzo di pane ebbe ripulito l'uovo, zì Minucchio saltò in piedi e si mise a sparecchiare la tavola, quello era il patto. La storia si ripetè il secondo e il terzo giorno. Il quarto giorno Michele si era molto indebolito. Il fratello, insospettito, chiese una spiegazione e Michele raccontò tutto.
La zappa, senza zappare, era già molto pesante e a stento riusciva a portarla. Giovanni era astuto e voglia non ne aveva di lavorare. Quando giunse sul posto, piantò a terra la zappa e si distese all'ombra di un albero. Quando la meridiana segnò mezzogiorno preciso, si levò e si avviò verso la masseria, fingendo di essere molto affaticato.
La tavola era già pronta e Giovanni si sedette per mangiare. Zì Minucchio lo guardava attentamente. Giovanni tagliava il pane, faceva finta di bagnare nell'uovo e mangiava: una fetta, un'altra fetta, glu-glu un sorsetto, un pezzo di formaggio, ma l'uovo era sempre sano. In ultimo ruppe l'uovo e lo bevve.
Al quarto giorno padrone Minucchio disse:
Giovanni acconsentì e intanto pensava a come uscire dall'imbroglio. Il mattino seguente padrone Minucchio invece di mandare Giovanni a zappare, lo mandò alla meta a prendere un sacco di paglia. Il sacco era enorme e, ancora vuoto, pesava. Giovanni raggiunse la meta e riempì il sacco pieno pieno, ma chi ce la faceva! Passò un'ora, due ore Giovanni non tornava. Zì Minucchio, insospettito, s'avviò alla ricerca e lo trovò appostato dietro la porta.
Il pozzo era lontano e la caldaia era pesante.
Mentre zì Minucchio cucinava, Giovanni approfittò per procurarsi una pelluccia di pecora, di quelle che si usano per metterci l'olio, e la nascose sotto la giacca, con l'imboccatura rivolta verso l'alto. Il pranzo iniziò: un chilo di pasta a te, un chilo di pasta a me; un pezzo di formaggio a te, un pezzo di formaggio a me; una panetta a te, una panetta a me; 5 litri di vino c te, cinque litri di vino a me. Zì Minucchio mangiava e beveva, ma il piatto di Giovanni era sempre pieno; solo nei momenti di distrazione il giovane riusciva a svuotare il cibo nella pelluccia. Infine, gonfio come un "viccio" (tacchino), zì Minucchio se ne andò al sonno. Il giovane pensò:
Quando zì Minicchio si svegliò, inutilmente chiamò:
Giovanni incontrò un pastore e gli chiese un coltello, col quale si squarciò la pelluccia. Alleggerito del peso si diede alla fuga più rapidamente. Sopraggiunse zì Minucchio e nel vedere a terra quel ben di Dio, chiese al pastore se avesse visto passare di là un giovane.
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